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Assegno di divorzio e stato di disoccupazione dell’ex coniuge beneficiario

Assegno di divorzio e stato di disoccupazione dell’ex coniuge beneficiario

In materia di divorzio, con l’innovativa sentenza n. 18287 del 11 luglio 2018, di cui abbiamo trattato ampiamente in altri articoli, le Sezioni Unite della Cassazione hanno messo in discussione il criterio, fino ad allora utilizzato dai giudici nella determinazione dell’assegno in favore del coniuge meno abbiente, del “tenore di vita matrimoniale”, privilegiando il criterio della valutazione della mancanza di mezzi adeguati o dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, con esclusivo riferimento all’indipendenza o autosufficienza economica dello stesso, alle capacità e possibilità effettive di svolgere  attività lavorativa, alla stabile disponibilità di una casa di abitazione.

Legge sul divorzio e solidarietà economica
La base normativa rimane comunque l’art. 5 comma 6 della legge n. 898 del 1970, nel testo sostituito dall'art. 10 della legge n. 74 del 1987, in virtù del quale “con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tribunale, tenuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio, dispone l'obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell'altro un assegno quando quest'ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive”.
La giurisprudenza della Corte di Cassazione ha chiarito che il fondamento costituzionale di detta norma risiede nel dovere inderogabile di «solidarietà economica», il cui adempimento è richiesto ad entrambi gli ex coniugi a tutela della persona più debole; in mancanza di ragioni di solidarietà economica, pertanto, l'eventuale riconoscimento del diritto si risolverebbe in un ingiusto arricchimento del coniuge percettore dell’assegno, come è più volte accaduto in passato quando si faceva riferimento in astratto al criterio del tenore di vita in costanza di matrimonio.

Ex coniuge disoccupato
A tal proposito, diversi sono i casi in cui i Tribunali devono decidere se, e in quale misura, il soggetto che non lavori abbia diritto all’assegno o se, il fatto di non attivarsi per la ricerca di un’occupazione, non comporti almeno la possibilità, per l’altro ex coniuge, di ottenere la riduzione dell’importo precedentemente determinato.
Nell’ordinanza n. 3661/2020 la Cassazione esamina il caso della richiesta, avanzata in primo grado dal marito, di riduzione dell’importo dell’assegno mensile in favore della moglie, a seguito dell’eredità pervenuta alla ex moglie dai genitori, nonché in considerazione della mancata ricerca di un lavoro da parte della stessa.
Quest’ultima si difendeva rilevando di essersi attivata per la ricerca di un’attività lavorativa ma di non averne mai trovata una corrispondente alla propria preparazione ed alle proprie legittime aspettative.
La Suprema Corte, sul punto afferma che ai fini del riconoscimento dell’assegno di divorzio in favore dell’ex coniuge, l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge istante e dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive si fonda anche sulla capacità del medesimo richiedente di procurarsi i propri mezzi di sostentamento  e non sulle occasioni concretamente avute dall’avente diritto di ottenere un lavoro.

Autodeterminazione e autoresponsabilità
Se, infatti, la solidarietà post coniugale si fonda sui principi di autodeterminazione e autoresponsabilità, non si potrà che attribuire rilevanza alle potenzialità professionali e reddituali personali, che l’ex coniuge è chiamato a valorizzare con una condotta attiva facendosi carico delle scelte compiute e della propria responsabilità individuale, piuttosto che al contegno, deresponsabilizzante e attendista, di chi si limiti ad aspettare opportunità di lavoro riversando sul coniuge più abbiente l’esito della fine della vita matrimoniale.
Per questa ragione, la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso presentato dalla ex moglie, tenuto conto anche del mutamento giurisprudenziale apportato dalle Sezioni Unite.

FONTE: www.notai.it

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